E’ soltanto un Modello Spirituale

Se porto avanti un modello spirituale, non sto facendo altro che creare una nuova religione.

Se insisto nel dover necessariamente praticare una determinata meditazione piuttosto che recitare due mantra alla mattina e uno alla sera, o qualsiasi altra cosa che tu possa fare, non sto facendo altro che creare una strada parallela a quella che già gli uomini hanno fondato migliaia di anni fa. Ma se riuscissi a guardare oltre ai miei piedi, potrò vedere con chiarezza l’inutilità del fatto stesso.

Dobbiamo prima comprendere cosa stiamo cercando da esse, prima ancora cos’è che vogliamo ottenere come somma finale. Se non ci è chiaro il percorso ne l’obiettivo ultimo, stiamo andando allo sbaraglio. Ciò non farà altro che destabilizzare il mio centro. Mettiamo caso che io cerco dalla meditazione kundalini o qualunque essa sia, la pace, la tranquillità, significa che in questo momento non lo sono. Ovvero manifesto tangibilmente che non sono tranquillo, non sono in pace con me stesso e con gli altri e quindi la ricerco ovunque possa trovarla. La prima offerta la scarto perché non mi convince, la seconda pure, ma la terza forse farà per noi, così mi conformo ed ho creato in me stesso una nuova ideologia da praticare. Vedo dei risultati, o meglio penso che essi lo siano, credo davvero nella loro utilità ultima al fine della mia tranquillità o pace interiore, ma dimentico alcuni importanti particolari. Non ho stabilito una linea guida responsabile, ossia qualcosa di imparziale che può definire utile o sbagliata la strada che ho scelto, affidandomi spesso a considerazioni che dichiarano l’utilità della pratica.

Quando non siamo equilibrati, significa che le nostre giornate sono soggette ad alti e bassi, discordie e accordi, piaceri e dispiaceri, quindi vorrei pianificare qualcosa che può alterare i piaceri e diminuire i dispiaceri.

Almeno penso che su questo siamo d’accordo.
Ora la meditazione mi permette di aumentare per qualche tempo, circoscritto, la pace dei sensi, perché ho la volontà intenzionale di fermarmi e fare qualcosa che presumibilmente si rapporta con la pace, o almeno dovrebbe essere così.

Ma la stessa sarà efficace realmente quando affronteremo quegli eventi negativi che ci hanno spinti fin qui?

Oppure porterò nella meditazione tutte le mie negatività dopo averle già vissute, sperando di trasmutarle con la meditazione o che altro sia? Possiamo definire trasmutata una negatività soltanto quando essa il giorno dopo non potrà più verificarsi, caso contrario non abbiamo fatto niente di alchemico. Tanto meno quando litigheremo con qualcuno gli chiederemo se prima di fare qualsiasi questione sui disaccordi gentilmente ci permetteranno di poter meditare, ciò sarebbe surreale. Quindi per via di esclusione dobbiamo evitare i mezzi che non possono razionalmente condurci a cose utili ai fini della pace interiore.

Ma se i dispiaceri, i disaccordi e tutte le nostre negatività, al posto di portarli nella meditazione facessimo viceversa cosa accadrà? Cambierebbe ogni aspetto della meditazione e pensereste che non è possibile. Tuttavia continuaste a condurre una vita poco centrata e per niente equilibrata. Quindi se foste un minimo intelligenti vi rendereste più disposti a cambiare rotta e comprendere meglio la vita nella sua ampiezza. Dovremmo comprendere la meditazione senza nessuna definizione di essa, semplicemente osservando l’essenza della meditazione stessa, senza darle dei poteri magici o insegnamenti pratici, forse allora riusciremo a concludere un qualche cosa di utile per noi stessi. Dobbiamo comprendere la meditazione come una forma di silenzio mentale che ci offre l’opportunità di essere centrati in qualsiasi momento della nostra vita. quando si manifesta il disaccordo il silenzio garantirà la risposta più saggia in quel momento. Quando la meditazione sarà uno stile di vita, ossia la meditazione che abbiamo appena descritto e non una pratica da sponsorizzare, il disaccordo e i dispiaceri non avranno nessun spazio ne forma in essa. Ciò però dimora in una dimensione superiore alla quale in uno stato normale noi semplici esseri umani non compendiamo – ne abbiamo consapevolezza per comprendere

Ma se volessimo realmente raggiungere la centratura permanente non possiamo evitare la strada della consapevolezza, ossia un dover comprendere in modo profondo cos’è la vita e in che modo “io” la sto cavalcando. Ciò richiede lavoro interiore e volontà di cambiare se stesso, altrimenti continuate a praticare tutto ciò che pensiate sia giusto, la meta la conoscete già.

Non ringraziatemi, Riflettete!

Un Saluto Antonio

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